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Scopri la scelta che puoi fare

21 Feb, 2024 | caregiver, Crescita personale

Ok. E’ successo. Non lo hai deciso tu, ma ora devi farci i conti. Forse è stato un processo graduale o forse è capitato all’improvviso, non importa. Il punto è che adesso tuo padre, o tua madre, non è più completamente autosufficiente e ha bisogno di assistenza. Da te. Complimenti: sei ufficialmente un caregiver! E quindi? Scopri la scelta che puoi fare e che cambierà il tuo modo di vivere il caregiving.

La mia storia

Per me è stato graduale. Tutto è iniziato circa diciotto anni fa con la diagnosi di carcinoma al retto e la prima operazione di mia madre. Io che negli ospedali mi ci sentivo sempre male, mi sono trovata a “viverci” per un mese intero. Direi che come terapia d’urto è stata notevole!!

Da quel momento è stato un processo graduale che ha visto diminuire l’autonomia di mia madre (fra interventi e ricoveri vari) e di conseguenza aumentare la necessità di supporto da parte mia.

Oggi non solo non mi sento più male entrando in ospedale, ho imparato a gestire la stomia, a fare medicazioni e iniezioni, a capire quali sono i farmaci giusti, a comprendere meglio il gergo medico, a sbrigare le pratiche per l’invalidità, le forniture di materiale sanitario, l’A.D.I. e un sacco di altre cose.

Te lo racconto non per sentirmi dire “brava” oppure “poverina”, ma solo per farti capire che quando si parla di caregiving io sono abbastanza competente. E che la scelta di cui sto per parlarti, l’ho vissuta io per prima sulla mia pelle.

La scelta n. 1

Sei un caregiver: la malattia è entrata nella tua casa e ti ha tolto un sacco di cose. Hai dovuto prenderti in carico il tuo genitore, sacrificare il tuo tempo e le tue energie per dargli assistenza. E’ faticoso vero? La preoccupazione costante, le attese infinite per una visita o un esame, la responsabilità per le scelte mediche… A volte ti senti in prigione, senti che la malattia di tuo padre o di tua madre ti ha tolto un pezzetto di vita. E sei così stanca e stressata…

Ogni giorno ti si affollano dentro un sacco di emozioni: la paura, la rabbia, la tristezza, il senso di colpa, la frustrazione… Caspita, non sai proprio cosa farne di tutto questo marasma, se non lamentarti ad ogni occasione per tutto ciò che la vita ti ha tolto e desiderare un aereo che ti porti lontano.

Per non parlare poi delle infinite richieste di tuo padre o tua madre: ha sempre qualcosa da ridire o non gli sta bene quello che fai o pretende che tu sia sempre lì. E’ chiaro che ogni tanto ti scappa la pazienza e magari alzi la voce o rispondi male… Cavolo, sei un essere umano no?

Vissuto così, il caregiving è un peso immenso, un’enorme palla al piede che ti rallenta e ti fa sprecare tutta l’energia che hai. Ti ci ritrovi? Io sì: ho avuto momenti in cui davvero avrei voluto solo fuggire lontano e non pensare mai più all’obbligo di prendermi cura di lei.

Ora però segui il mio ragionamento. Salvo rari casi, il prendersi cura di un genitore è roba che dura anni. Tanti anni. Ti conviene dunque trovare un approccio diverso al tuo percorso come caregiver, in modo da evitare di rimetterci la tua salute mentale e fisica.

La scelta n. 2

Qualche giorno fa ho fatto una bellissima chiacchierata con Letizia Espanoli (la trovi qui). Durante l’intervista, Letizia ha suggerito una domanda che cambia completamente l’approccio al caregiving:

quando mio padre (o mia madre) morirà, che tipo di ricordo voglio avere di me?

Premesso che è oggi che ti costruisci i ricordi che avrai domani, è chiaro che se vesti il ruolo di figlia afflitta che DEVE prendersi cura di genitori pesanti, è possibile che al momento della dipartita del suddetto genitore tu ti ritrovi completamente esausta e piena di rimorsi, rimpianti e sensi di colpa. E’ questo che vuoi? Non credo proprio. O, per lo meno, non è quello che voglio per me!

Il cambio di paradigma è quello dettato dallo scegliere ogni giorno la relazione. Io, come figlia, sono chiamata a interagire con il mio genitore in una situazione complessa che posso gestire al meglio facendo ricorso a gentilezza, amore e rispetto profondo per il mio caro. E per me stessa.

Riscrivi la tua storia

Una cosa che può aiutarti ad alleggerire il peso della cura è cambiare il linguaggio con cui descrivi il tuo ruolo di caregiver. Le parole che utilizziamo, infatti, hanno il potere di creare la nostra realtà e di determinare la biochimica del nostro corpo (te ne ho parlato anche qui).

Se associ alla cura del tuo genitore parole o frasi come obbligo, prigione, carico, pesantezza, problema, non ce la posso fare, è impossibile da gestire ecc. fai sì che nel tuo corpo circolino quegli ormoni e neurotrasmettitori come il cortisolo che ti tengono in uno stato di allerta costante, pronta a difenderti o ad aggredire.

A te, invece, interessa che il tuo corpo sia invaso da serotonina, ossitocina, endorfine, dopamina, perchè sono le sostanze che ti fanno sentire bene, calma, serena e quindi ti mettono nelle migliori condizioni per prenderti a cuore il tuo genitore. Usa quindi parole e frasi come sfida, complessità, soluzioni, come posso trovare un modo per…?, chi può aiutarmi a fare…?, come voglio che si senta la persona che ho a cuore? E come voglio sentirmi io?

Riscrivere con altre parole il racconto della tua storia come caregiver ti aiuta a stare bene tu per prima e ad incontrare la persona di cui ti prendi cura in una relazione che è già di per sè terapeutica. Perchè ricorda che non fai stare bene nessuno se non stai bene tu.

 

P.S.: Altre cose che ti aiutano a rilasciare le sostanze benefiche sono respirare e ridere. Per questo ho creato Basta Poco: 10 minuti al mattino e 10 alla sera (perchè i caregiver hanno poco tempo libero) e vedrai rinascere la tua energia e il tuo buonumore. Scommettiamo?

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